‘Ahh!! Quelli della banda della borsetta aggirasi nella spiaggia. Udite, udite, frignano per rovinare la festa dei ragazzi. Dobbiamo aiutarli, dobbiamo fermare i malviventi!!!’. Lo spiritello Joshoua caprioleggia all’indietro, fa sempre così quando è arrabbiato. I suoi compagni lo ascoltano perplessi. Chi sostiene di rispettare il patto di non ingerenza nella faccende degli umani, chi chiede una deroga al patto. Il dì 6 agosto le anime notturne si sono riunite nell’antico tempio di Apollo, a Delfi, per deliberare sul fatto. ‘Andremo nella città e porteremo il messaggio ai ragazzi. Vorrei che Ugo incontrasse il capo clan della banda per rompergli i denti’, Joshua tira un pugno nell’aria, immaginando di essere Ugo e di colpire lo smargiassone. In effetti, andando a rivedere il patto, tra le azioni consentite agli spiritelli, all’art. 9 comma 1, è previsto l’incontro casuale tra umani, sebbene il testo non stabilisca nulla circa l’esito dell’incontro. Dimitri ascolta assorto. Ha mille anni e non è il più vecchio, ma è un signor spiritello, per così dire, maturo. Tira su il capo interrompendo il suo silenzio: ‘Se Ugo picchierà quel brutto ceffo non ci sarà nessuna festa’. È un appunto dettato dal buon senso misto a prudenza, perciò gli pesa esternarlo. Diventare vecchi, pensa e predicare la prudenza dinanzi ai soprusi, lo fa somigliare a quei bipedi e ne ha visti tanti, che per ogni capello bianco che gli cresce in testa cedono un granello di gioventù. Pare che obbediscano a un ricatto. La giustizia degli umani rasenta il paradosso, a volte, è la legittimazione dell’ingiustizia. La sera prima guardava la mezza luna e disegnava nella mente la parte mancante. Si ricordò che da ragazzo vedeva solo la mezza luna, invece del sole che la illuminava a metà. Ora si tace e fa parlare Joshua: ‘Potremmo tendergli un’imboscata’ ‘E in che modo, Joshua?’, rispondono gli altri. ‘La tarantola Gina, mia amica e i tarantolini’
Anatoli: ‘I tarantolati, Joshua, si dice i tarantolati’
Joshua: ‘No, i tarantolini’
Tirina: ‘Allora i tarantini, i fan del regista?’
‘Macchè…’, Joshua sta per perdere la pazienza. ‘Ragazzi i tarantolini… Ho avuto un’idea, diremo a Gina di tessere una tela portentosa e magica con cui ghermiremo i teppisti mentre si appropinquano alla festa. La trasporteremo volando’, e mima il gesto come un torero con il mantello.
Anita: ‘Si avvicinano, Joshua, appropinquano è demodè’
Joshua: ‘No, ho detto appropinquano’. Lo spiritelli Joshua è alquanto scatenato.
La banda della borsetta è composta da giovinastri viziati e molto sfaticati, denominata della borsetta dal comportamento delle femmine del clan, che adorano mostrare in giro l’accessorio con tronfia soddisfazione. Questi loschi figuri fracassano tutto ciò che trovano, si dilettano a schernire i non graduati, ovvero i non appartenenti alla banda se capitano nei paraggi. Sono dei teppistelli protetti dal teppismo adulto dei genitori, fatto di buone maniere e conformismo ipocrita. Odiano la festa dell’estate perché gli manca la volontà e la capacità per organizzarne una.
Claudio tiene in mano un mestolo come fosse uno scettro. Mescola e rimescola il riso cotto nell’acqua bollente. É sudato fradicio. I tratti del viso cedono alla stanchezza, ma, con il grembiule fino alle ginocchia, non molla. Poco distante da lui Erminia, la sorella di Clara, prepara la mega melanzana alla parmigiana nella versione con il sugo, Clara quella senza. Una sezione dei lavoranti, capitanata da Siria, procede con la parmigiana ai pinoli. Sono le dieci del mattino del 7 agosto e il lungomare inaspettatamente è quasi deserto. Nel ristorante risuona il fragore delle tazzine, il vociare degli avventori del bar e, da lontano, il motore di un aliscafo. In cucina le pentole capovolte attendono che il cuoco e i suoi aiutanti le prendano per il manico e le ribaltino, ci mettano dentro spezie e le erbe aromatiche. Un cartello dice che per pranzo si servirà cous cous. Gli arnesi della cucina riposano appesi alla parete. Quasi tutto tace e ciò che non tace ha la grazia del suono. Il mattino non presenta un grumo, è azzurro nella sua tonalità più nitida. Olga e Alina, piedi immersi nella sabbia, mani a visiera e sottane svolazzanti, guardano l’orizzonte, facendo come se fossero lì, dove arriva l’occhio e stessero mirando a riva. La squadra delle ragazze trasporta tavoli e panche da disporre a ferro di cavallo. È arduo prevedere chi vi si siederà e di che cosa parlerà. Nei giardini di città, le garbate panchine ospitano vagabondi, innamorati, uomini o donne sole, oppure mucchi di pettegole. Tutti vi lasciano parole buone o cattive, pungenti o consolatorie. Olga e Alina, colte da un’intuizione improvvisa, vi spargono sopra il vento che gonfia gli indumenti, come fosse una polverina magica, un antidoto all’inopportuno debutto del male nel bel mezzo della festa.
Giacomo ha trafficato per una settimana con le sfere giganti porta-stuzzichini. Un negozio gli ha regalato 40 palle forate. Quando si dice la fortuna!. Ha costruito 16 anelli di saturno, moltiplicati per 40 saturni. Giacomo pensava che avrebbe beneficiato per tutta la vita di un pizzico di pazienza al dì, dosando con parsimonia il contenuto del sacco datogli in dotazione alla nascita. Non aveva mai fatto esperienza delle palle forate, però e, in una settimana, ha dilapidato quasi tutto il suo patrimonio. La costruzione di una specie di multiverso artigianale si è svolta nelseguente modo: inizialmente Giacomo pensò di disegnare i pianeti su dei fogli di plastica. Poi dedusse che, se avesse ricoperto completamente le sfere, gli invitati avrebbero dovuto sbirciare nell’oblò per distinguere il contenuto. Al che ebbe un’idea, dotò gli invitati di braccia bioniche, in grado di resistere alle tempeste che imperversano nello spazio cosmico. Trattasi di pinze fatte a forma di sonde spaziali, gagliarde, con la parte superiore rotonda e le zampe mobili e prensili. É l’8 agosto, ore 23,05. Giacomo lavora su 40 globi terrestri, ma disegna solo i mari e i continenti, 40 pianeti giove, li ha creati un po’ più grandi degli altri, 40 saturni con anelli e 40 lune. Cinge le sfere con nastri di metallo rette da viti sporgenti, da incastonare nei bastoni, a loro volta muniti di cerchi a livelli sfalsati. Ore 24,00, a lavoro finito Giacomo danza tra i pianeti e gli arnesi. Nel garage del padre si sente come un bambino compiaciuto della sua creazione. In altre parole, nel suo cuore balena una scintilla divina, gli esseri umani di solito la chiamano felicità.
É pomeriggio, il10 di agosto. Giovanni e Ugo mostrano il petto nudo, indossano bermuda e, in testa, un foulard di cotone. I corpi gocciano sudore come fontane. Armeggiano con assi e bulloni. Lo spazio circostante emana calore, si fa indefinito e dissolve. Giovanni e Ugo galoppano nel deserto come antichi tuareg e, mentre il vento caldo Shariano turbina in mulinelli di sabbia, avvistano un’oasi: il palco, per la festa che sarà.
La madre ha preso il treno all’alba per raggiungere Giovanni. Questo è uno di quei viaggi che ti fanno sentire contenta se timbri il biglietto, percorri la banchina, visioni i displayluminosi che indicano gli orari e il binario. È la felicità nell’abbondanza, meglio di quella ordinaria. Sono felice perché non mi è capitata una catastrofe, sono felice se non manco il treno, altrimenti non arriverò dove voglio arrivare… Nella versione dell’abbondanza sono felice di fare quello che faccio, abolita la sfiga o la possibilità di non essere felice. La madre è felice così e tresca con gli spiritelli nell’intento di sventare l’agguato dei facinorosi. All’unanimità, dopo una lunga assemblea, stabiliscono una strategia. Oh, sì! Dopotutto, chi avrebbe creduto che la soffiata sui teppisti provenisse dagli spiritelli. Ci voleva un fatto e un umano che lo accertasse. Lei avrebbe fatto volentieri a meno di interpretare la madre istituzionale. Comunque accettò. Avrebbe atteso dietro a un albero che la tela avvinghiasse i malviventi e subito dopo avrebbe avvertito la polizia. A quel punto non ci sarebbero stati equivoci, il blitz poteva dirsi riuscito. Trovandoli che brandivano bastoni e mazze, i poliziotti li avrebbero condotti in commissariato per interrogarli. Questo è quanto hanno deciso le anime notturne e una madre simpatizzante.
Ondeggiando come storni nella spiaggia. Sono non un popolo, non la massa anonima, non uno più uno, quelli che vedi per strada, corpi che si muovono senza spessore, pezzi di carne slegati dagli altri ma forzati a viverci accanto e non sai come vivono e se vivono, ma neanche te ne frega niente di saperlo. Questa moltitudine invece è un effetto, è lo spirito che traduce il palpito del muscolo cardiaco. Li puoi vedere uno per uno. Non sono la somma di tanti che fa altro. Un raggio di luce si innalza fino al cielo, è la voce di 700 individui. Stasera guida la musica. Adesso non è importante onorare un impero e scompare anche il più piccolo e insignificante rimasuglio di cupidigia. L’importante è cantare una canzone, non il gruppo che la canta. L’importante ora è celebrare un inno alla vita, non chi lo celebra.
Poco prima dell’inizio della festa, al calar della notte, la madre raggiunge il bosco. Si apposta dietro a un albero. Fa in tempo ad avvertire lo scalpitio della banda dei teppisti, quando Joshua le svolazza intorno accigliato, è in assetto da guerra. ‘Tra poco scatterà la retata, hii, hii, hii’, ride per il doppio senso. Poi torna nei suoi ranghi, accosta la mano all’orecchio e ode la combriccola che procede a passi spiegati. I malviventi fiancheggiano gli alberi della pineta come se fossero insignitidi un titolo onorifico planetario che li autorizza a ignorare la realtà che gli sopravvivrà. Giunti in prossimità del luogo fatidico scatta la trappola. La rete fatata li avvolge come una visione angosciosa che avevano rimosso. Gli spiritelli si congratulano a vicenda, la volante porta via tutti i componenti della banda, armati come sono, sarà difficile convincerli che volevano solo dare una sbirciatina alla festa.
‘Che forza!’, Joshua chiama i suoi: ‘Guardate!’
Kermisi: ‘Nel cuore della notte i ragazzi e le ragazze danzano, formando un’onda gigantesca’
Anatoli: ‘Questo non è la cronaca di una partita di calcio, sii meno compassato, per favore’
Kermisi: ‘I ragazzi e le ragazze danzano sotto la baccheta di un dio che non obbliga nessuno a obbedirgli…’ Joshua: ‘Naturalmente nessun dio ha mai chiesto un dovere tanto inutile quanto la sottomissione’ Joshua interviene per precisare.
Anita: ‘Si, ma la gente preferisce i despoti’
Joshua: ‘E’ vero’
Kermisi: ‘Sono liberi, liberiiii di essere non soltanto l’effetto di una causa, ma la causa di altra vita, agiscono da effetto della vita che li anima e si trasformano in causa’ ‘Che scoperta! Non ci aveva pensato nessuno…’, risponde Tirina ironicamente. Kermisi appallotta della terra e la tira nei capelli di Tirina la quale reagisce tirandogli le bretelle. Joshua vola alla fonte e torna con le gote gonfie sbruffando acqua sul viso di Anatoli. In sostanza gli spiritelli cominciano a giocare tra loro.
Ugo, Giovanni, la madre, Giacomo, Claudio, Olga e Alina, Siria, Clara e l’onda danzante, ognuno con la sua stella tra le mani e una missione da assolvere, farla brillare ancora.
Manuela.