Uno stato di grazia

I giovani non si rendono conto di quanto sia triste la vita degli adulti o forse sì. Laura fantastica su scene di vita familiare al supermercato. La moglie si è dimenticata di ricordare la mascherina al marito. Tra 10 o 15 anni, durante una cena, dirà che a lei non piace fare la domestica, la segretaria tuttofare, che detesta ricordare al marito di cambiarsi i pantaloni. Il coronavirus e le mascherine saranno un lontano ricordo. Il comportamento del marito, basato sul non sapere dove stanno le cose, affinché le cerchi la moglie, è un classico del genere. La sudditanza femminile cambia forma rimanendo nella sostanza sempre quella. Da giovani è un ever-green delle fantasie sul futuro. C’è una variante per spiriti raffinati ed è quella rappresentata dalla coppia dei calzini e mutande arrotolati nel cesto dei panni sporchi, per i quali occorre manodopera paziente e a buon mercato. A volte lei guarderà lui e penserà come sarebbe stata la vita con un altro. Mentre ciò succederà, si attaccherà di più al marito. Tutti gli amici saranno stupiti per finta dello sfogo, come quando uno dice una verità plateale e tutti a rispondere: ‘Ma noooo’. Alcuni sfodereranno lo sguardo più riprovevole e pietoso che avranno. Le donne di una certa età e anche qualche uomo faranno commenti sull’aspetto fisico della donna. ‘Ha le gambe grosse’, diranno. La gente si diverte a prenderti in giro, non gli importa se questo ti ferisce.

Come al solito, tutti dicono che non è vero, ma il mondo degli adulti fa schifo. E’ il mondo che hanno creato loro. Sarà che si fanno un po’ schifo da soli. Gli adulti, che gente! Tutti talmente imbottiti di frottole e contenti di esserlo, come nemmeno le scimmie sanno fare, che le bugie svelate diventano pallonate sulla faccia. Tutti è la parola più importante, si capisce dagli spot pubblicitari. Dobbiamo essere tutti, vederci e riconoscerci nella tuttaggine.

Laura ha un arcobaleno di emozioni negli occhi. Se chiede, gli altri non ascoltano, fanno finta di non vedere. Lei non c’è.  A volte scorge nel fidanzato un’espressione fugace, simile allo scodinzolio del cane. Se ne stupisce e un po’ la preoccupa, come se fosse troppo importante per lui. A volte, invece, ha l’impressione contraria. Sarà colpa del bisogno di monitorare costantemente l’indice di gradimento altrui. Per saperli pazzi di me è sufficiente che io li veda pazzi di me, si domanda. A casa accende la tv, durante un dibattito si parla di discriminazione. Il discorso si concentra sulla possibilità di accogliere gli stranieri, sembra il chiacchiericcio dei bar, ma più elegante. Subito ci stanno quelli che rizzano le orecchie e fanno mossette di disapprovazione, cercando tra sé e sé un cantuccio per sentirsi meglio, oltre a valide giustificazioni per continuare a discriminare in modalità politically correct. Questi qui fanno parte del gruppo dominante, non hanno bisogno di essere riconosciuti da nessuno. Sono loro che riconoscono. Nel frattempo la moglie fantasticata da Laura ha una vita triste, fitta fitta di obblighi. Da varie parti, vedi giornali, inchieste, manifestazioni, è giunto il modello di donna criticabile, che già da bambina controlla le altre, affinchè siano come le vogliono. La lei in questione è invidiosa e prevaricatrice, da grande vuole sposarsi e avere figli per esistere veramente. Una volta assolto al dovere sociale ed essere diventata madre, stilla gelosia e rivalità tra i figli, poi se ne compiace. Riceve forza dal rimprovero della figlia per una trascuratezza presunta o reale, fa lo stesso. Questo le dà la sensazione di avere il controllo sulla vita dei suoi figli. Tale versione viene scartata per esautorazione: il c’è ma non si vede, il metti-leva, con cui non si va da nessuna parte. La sua di moglie da piccola aveva le idee più chiare su ciò che sentiva di essere, per questo gliele intorbidarono. Lei voleva diventare un’insegnante, di quelle insegnanti che insegnano, evitando di imporre agli altri cose, idee o altro. Laura tifa per la sua versione, quella che poi le cose hanno preso tutt’altra piega. Allora dà per certo che lei vorrà cantare, ma avrà paura che le parole le si smorzeranno in gola. Farà lo stesso l’entusiasmo. Quando riderà, non andrà fino in fondo, la bocca s’asciugherà, stendendosi in una linea orizzontale, neutra. Affacciarsi allo specchio le farà venire in mente quella volta che aveva aperto le finestre della casa al mare, sul blu. Allora entrava aria e salsedine. Questo sarà il ricordo di un fatto accaduto più o meno in quel modo, cambiato dal tempo, adattato allo stato d’animo attuale e che poi misericordiosamente salterà fuori.

‘Nella vita non ti aiuta nessuno’, dice la madre. Laura ha sempre avuto paura di crescere, è terrorizzata dagli adulti. Una volta raggiunta la maggiore età ha dovuto scegliere se continuare ad essere libera, oppure se rinunciarci e dare la colpa ad altri facendo loro del male. Con tutta probabilità aveva appreso il modello darwiniano dell’esistenza, pur non essendo convinta della validità degli argomenti. ‘Mi limiterò a nascondermi sotto le pieghe di un atteggiamento naif per non fare torto a nessuno’, pensava, ‘mio marito era cattivo per educazione. Lo avevano cresciuto così e lui non mise mai veramente in dubbio il valore di tale insegnamento’.

Fateci sognare, stupiteci! Quello che i giovani non dicono agli adulti. Laura spulcia gli annunci di lavoro. E se a 56 anni risponderò a questo: cercasi personale per pulizie allo stabilimento X di Ostia lido? E’ un nascente mattino d’estate, quando il sole va a braccetto con noi di quaggiù. Lei si trova da sola in mezzo a piazza Sirio come nel deserto, tra macchine sporadiche che sfrecciano sulla strada. Il cielo veglia col suo bagliore mattutino, l’aria trasporta da lontano giochi da spiaggia e voci sotto gli ombrelloni. Appesantita dal tempo che passa, un tantino dimessa, si avvicina allo stabilimento. Un rapido colloquio decreta l’imminente assunzione a trascinare carrelli nei corridoi dello stabilimento, indossando un grembiule e scarpe da lavoro. Per festeggiare scappa in spiaggia. Si fa un bagno veloce tra bandanti e anziani a riposo e torna a casa.

Da giovani si gioca con i sogni, sicuri di poter riavvolgere il nastro e imprimerlo di nuovo con nuove immagini. Il movente di Laura è fuggire dal recinto di doveri da assolvere, oppure un bisogno al pari di mangiare, dormire, vestirsi. Che fanno le altre? Non avendo il coraggio di rivendicare un posto nel mondo, cercano di occupare spazio nella vita degli altri, come per esempio la compagna di scuola che tagga per primo Claudio, il suo fidanzato e ci mette pure un cuore, oppure come la tentacolare zia Carla, moglie del fratello della madre, la quale raggiungerebbe per telefono tutti gli appartenenti all’albero genealogico del consorte per controllarli meglio. Il prototipo di donna acculturata incarnato dalla dirimpettaia parla ad alta voce sul terrazzo, sicché la devi sentire per forza. Subisce la tentazione di uscire fuori dal seminato e canta Bella ciao al nipote, come se si trattasse di una canzone da villaggio turistico: ‘Bella ciao, ciao, ciao. Su le mani, tutti insieme’. Laura vorrebbe urlarle che è una deficiente.

Il fratello Gianni è andato via di casa 2 anni prima, a 19 anni. Nessuno ha avuto notizie di lui. Allora ha fatto scalpore, se ne sono occupati anche i giornali, poi niente più. Non una voce, uno sguardo di comprensione: ognuno per la sua strada e fa che la mia sia migliore della tua, questo è stato il tacito messaggio della gente. Laura da allora ha dimenticato la sua infanzia. I ricordi non sono più stati come bolle di sapone che a bucarle rivivi quel momento. Assomigliano invece alle foto, incastrati da una cornice per non dilagare nel presente. E’ un sistema che hanno inventato gli adulti quello delle foto incorniciate e messe sui mobili. In fondo sono presenze che non disturbano l’indifferente quiete dei signori perbene.

All’inizio dell’estate si fa colazione col sole che splende alto nel cielo. Laura pensa alle cose stupide che fanno gli adulti. La gara a sembrare brave persone raggiunge il top della classifica. La casa dello zio è in aperta campagna, la cui soave tranquillità è spazzata da fattarelli avvilenti. Di quello, per dirne uno, che ha venduto un terreno con un piccolo difetto. ‘Ma basta non andare troppo per il sottile’, parole criptiche del tizio, ‘tanto qui c’è gente che ruba le pere dall’albero’. A sua volta, quello che le ruba, potrebbe indicare altre diavolerie e via dicendo.

Laura sognando può scegliere. L’estate le è complice, nessuno si sognerà mai di giudicare l’estate. Claudio, invece, sogna l’estate di quando era bambino. Siccome spesso si incastrano dimensioni temporali, epoche, pezzi di vita diversissimi che accadono simultaneamente, nella stanza accanto sta per entrare in scena il problema della riparazione del chiavistello della cantina condominiale. La madre ha chiesto un intervento, poiché da lì è facile salire ai piani, in particolare al suo appartamento. La madre, letta la mail dell’amministratore, che comunica il parere negativo espresso da alcuni a sostituirla, regola a stento la rabbia mentre si prepara per uscire. Chi chiede mette in luce l’altrui carognaggine e ciò rappresenta un problema. Infatti, se non ci fosse chi chiede, non esisterebbe neanche la carogna. Nello stabile ci sono parecchi schiacciasassi vestiti bene. Diana, la madre, non riesce a farsi scudo delle cattiverie altrui. Vorrebbe prendere a calci il chiavistello e mettere tutti davanti a un fatto compiuto come riesce ai prepotenti. Vorrebbe sfondare la porta dell’aldilà e chiedere se hanno visto il figlio passare di lì. Anche questo vorrebbe. Deve essere un mondo in cui loro ci vedono e vedono le cose che succedono. Tuttavia, il loro intervento è affidato al caso, come chi prende il fiocco nella giostra di paese. Ma neanche d questo c’è certezza.

Laura prepara lo zaino per andare al mare. Sulla spiaggia libera semi affollata di gente s’affacciano i balconi delle fantastiche case al mare. Le case al mare sono leggende, fanno sognare più i grandi che i piccolini, poiché le loro finestre s’aprono sempre su mattini d’estate e meravigliosi giorni futuri. Le stanze delle case al mare sono inondate di blu e di luce ad ogni ora del giorno. I panni stesi testimoniano le sere all’aperto, le lenzuola dicono di comodi e lunghi soggiorni fatti di quotidianità: bicicletta, giornale e fornaio. I giorni sono tutti felici quelli che nascono lì dentro, hanno il sapore delle vacanze anche d’inverno, di chi la vita la prende per il lato buono, si rilassa e non sbaglia quasi mai. La casa in cui abitare è come un vestito a fiori da tirare fuori nel momento giusto.

E’ un sogno da adulti la casa al mare. Ma non s’intende gli adulti seriali quelli alla Mazzarò, attaccati alla roba, no. Si parla di adulti che sognano come ragazzini. ‘L’estate somiglia a un gioco, è stupenda, ma dura poco’, dice la radio. La madre la guarda prepararsi. Pensa a quando d’estate andava a spasso con la canotta e si vedevano le forme. A vent’anni il corpo è bello sempre. Per lei la povertà è una goccia: stilla dentro, scava. La povertà è un pensiero fisso, ti irrigidisce, a volte, ti porta via con la mente in vincite improvvise che ti cambiano la vita. Al ritorno dal trip è come cadere dall’aeroplano. Più che la ricchezza vorrebbe il potere di far fare alla gente quello che vuole. Diana ha bussato a centinaia di porte: chi non ha aperto, chi gliel’ha sbattuta in faccia e chi ha aperto per approfittarsene. Su di sé ci sono i segni di tutte le tribolazioni. Fare soldi è stato il suo pensiero fisso per anni, un’ossessione imposta da fuori, che neanche è lavoro, è fare soldi, cosa assai diversa. La madre ha avuto paura di non averne, la brama di averne tanti e al tempo stesso la paura che, se ciò fosse accaduto, qualcuno, che so, con la falce in mano le avrebbe chiesto la vita indietro, la salute, un medico criminale le avrebbe asportato il fegato per sbaglio. Vite, centinaia di migliaia di vite sacrificate sull’altare dei dio denaro, simile a un rito antico con le vesti moderne, smart. Vite con indosso il costume di scena 5.0, quello delle macchine che interpretano le emozioni umane. Fighissimo! Per facilitare il compito delle macchine che le stana è opportuno provare emozioni il più possibile standard. Non bisogna avere segreti per l’e-commerce. Adesso la madre lavora in una università privata, orienta i fanciulli e fanciulle su cosa faranno da grandi, insomma taglia il folto fogliame al passaggio dei bambini nell’età adulta.  

‘Domani dico a mia madre che voglio andare in America’, pensa Laura, ‘dove non ci sono chiavistelli da riparare né gente che non lo vuole fare per principio’. ‘Andrò in un posto in cui esistono tribù che cantano canzoni, in cui le amiche non ti taggano il fidanzato mettendoci il cuoricino. Voglio andare sulla luna e poi su marte, come la canzone della donna cannone sparata nel cielo’, dice girandosi verso Claudio. C’è la spiaggia di notte e miliardi di stelle. ‘Quella ieri non era lì’, osserva il ragazzo sdraiato fuori della tenda. ‘Noi giriamo, ieri era prima di adesso’, risponde Laura. ‘Ah, è vero’, commenta ammirato il giovane. Lei sa sempre cosa dire sule piccole cose che accadono. Perciò, quando lui si lamenta di non vedere stelle cadenti, lei gli suggerisce di spostare la testa velocemente a destra e a sinistra, così pare di vederle.

I giovani procedono lungo il cammino verso un domani. Chi guarda il cielo notturno lo sa che domani è un luogo oltre che un tempo. Un poi dotato di dimensioni spaziotemporali, annunciato dalla luce, ancora spento nella notte. Pare l’assaggio di eterno. Le stelle cadenti infuocate illuminano percorsi notturni in fiamme. Laura sprofonda nel Natale dell’anno 2056. Il fratello siede con tutta la famiglia intorno al tavolo e lei non deve più spiegare agli altri ciò di cui ha bisogno o desidera.

Mentre la popolazione si scaglia contro quello o quell’altro, obbedendo a una megaideologia invisibile abile a nascondersi e a farsi più grande di quello che è: divide et impera, cioè nulla di nuovo, è la verità che rimane semplice, limpida, un qualcosa di materico, munito di un dove e un quando. Gli adulti mettono maschere, sono così strette che alla fine pensano sia la loro vera faccia, scrive Laura a bordo del libro. Lei osserva la madre quando parla con gli altri. Non sempre esce la sua brillantezza, come una gemma opaca e stanca, non splende. Invece la madre spesso splende, ma la devi cogliere nel momento giusto, come la stella del cielo, la cui luce attraversa spazi immensi per raggiungerti e ciò sembra che accada in un attimo. Anche il baluginio interiore di sua madre è qualcosa che ha impiegato anni per nascere e crescere. Sembrano i cerchi degli alberi a indicare gli anni, così quel guizzo è una stalattite del cuore. Ci sono segni lenti a rilasciare la loro giusta luce, non sai mai se ce la faranno, ma tu li guardi formarsi. Uno di questi cerchi l’ha formato il compagno della madre. I due stanno sempre insieme, ma, quando lui deve partire per andare al paese, pare spinga un pulsante e viva un’altra vita, catapultandosi altrove. Saluta Diana al telefono dicendole ‘cara’, con un distacco caldo fuori e freddo dentro, tipico dei benestanti, il che la disorienta come un vento dispettoso. Questo la fa gridare al pericolo. Aziona velocemente la leva e chiude il portellone appena in tempo per sgusciare dentro. Il vento è invece amico della sorella, la zia di Laura. Una donna sui 50, romantica, che ama stare per i fatti suoi, mentre con la mente esplora sempre nuovi modi di stare al mondo, al fine da rendere la quotidianità meno noiosa di quello che è. Ad esempio, ultimamente il suo desiderio è di creare un laboratorio sul riciclo creativo: a che può servire una vaschetta della mozzarella, i lacci delle buste di plastica e il rotolino della buste della cacca dei cani? Domande queste che, se poste alla scolaresca, potrebbero dare interessanti sorprese nelle soluzioni proposte. Al momento è occupata a raccogliere conchiglie sul litorale romano, per guarnire una rosa dei venti. Ma non una qualsiasi figurina decorativa, no. Trattasi di un progetto di abbellimento della parete esterna della casa, circondata dal terrazzo e sotto il sole osservatore, muto, come un occhio sempre aperto sulla realtà nostra. Questo perché, se si troverà, un giorno, per caso, in balia delle onde, su un mezzo di fortuna, saprà esattamente quale vento la starà per travolgere. E’ come giocare d’anticipo con il destino, tirare la slot-machine e figurarsi le combinazioni che usciranno.

Se tu non ci sei più, allora il male esiste. Vorrei scappare via. Le parole prima di addormentarsi.

Al mattino sulla spiaggia non c’è quasi nessuno. Solo le case aspettano con docile pazienza una storia nuova. Da lì, dai loro balconi, è facile vedere una ragazza che corre in una limonaia con il suo cane. Le corse pazzesche nelle strade, con la musica in testa, gridando e ridendo. E gli amici dalle facce aperte alla vita. La gioventù è uno stato di grazia. Il riverbero lontano di ciò si ha negli ultimi giorni d’agosto, tanto per fare un esempio. Quando la quiete e il silenzio separano gli individui, i fatti brutti e quelli belli gli uni dagli altri. Calma e silenzio sono due arbitri di pugilato, si muovono con destrezza facendoti presagire che possa avvenire qualcosa di buono. Allora leggi i segni: l’incontro con l’impiegata che dice di avere un’amica che ti assomiglia tantissimo, una parola da te pronunciata e l’espressione di lei come se la stesse pensando uguale uguale. Gioco al tennis con i pronostici, i buoni propositi pronti a prendere al balzo il segnale favorevole a cominciare un’impresa.  La magia, a volte, si fa sentire ancora. Certo, in forma contenuta, non come in gioventù allora hai la vita davanti e infinite possibilità. Hai la forza, un po’ di follia per credere che tutto sarà realizzabile. Quello che accade dopo è solo una copia sbiadita.

Qualcuno penserà che negli anni Laura e Claudio si sono persi di vista, quei discorsi sulle stelle cadenti siano diventati un ricordo lontano e che, magari, grazie al potere indiscusso dei social si siano scambiati un saluto formale su messenger. Gli anni, precisamente 36 da allora, hanno travolto la gioventù, cambiando i loro volti, i pensieri, lasciando un’eco nostalgica per un tempo denso di vigore, di corse, di musica e canzoni spensierate, glorificando senza saperlo l’età più splendida che un essere umano possa vivere.  Con il senno di poi si può ben dire che la rosa dei venti voluta dalla zia abbia avuto una qualche ragione di esistere. Laura e Claudio sono diventati rispettivamente una sarta di abiti teatrali e una guida locale specializzata in itinerari enogastronomici. Lei, nel suo atelier, circondata da abiti indossati da manichini silenziosi, fa rivivere la sua donna delle pulizie, che ora si sente Tosca, ora Carmen. Una volta le ha donato le vesti di Antigone, indicando nelle pieghe cosa avrebbe voluto fare. Claudio nelle sere d’estate invita gli ospiti dei Resort a gustare l’essenza dei luoghi. Vivono assieme da tanto tempo. Hanno realizzato: prima di trovarsi bene l’uno accanto all’altra e poi di volersene. Laura non ha mai potuto smettere definitivamente di dire ciò che desidera o di cui ha bisogno, soprattutto a se stessa.

E poi, un giorno di dicembre, ha bussato alla porta un ragazzone striminzito, con gli occhi colmi di cose viste. Era Gianni, mancavano pochi giorni al Natale.

mgs

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Ho 48 anni, vivo a Roma, sono appassionata di scrittura
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Una risposta a Uno stato di grazia

  1. Daniela ha detto:

    son capitata per caso, qui, non conoscevo il tuo blog e da quanto ho letto hai una bella scrittura e in questo specifico post ci sono contenuti altamente sinceri e condivisibili sulle sfaccettature del mondo adulto, che altro non è che un mondo bambino cresciuto nei vizi privo di valori e sensibilità

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