Sono io che ti chiamo
da una terra arsa e desolata.
Passano gli anni.
Al ritmo del tempo,
attraverso infinite
distanze, risalendo ere,
strati di acque profonde e blu cobalto
di bolle cristalline: il pulviscolo
degli oceani. Volo poi,
su pianure assolate
e fiori rossi.
Non ho fatto che cadere, ultimamente.
Sono arrivata nelle profondità
della terra per riemergere,
zampillando come una vena
d’acqua allo stato brado.
Ho accorciato le distanze
con la felicità, che mi siede accanto,
finalmente, in un giorno
scintillante di mare.
Sono brava a riemergere,
compenso la condizione
che non ho scelto.
Negli anni non ho fatto che andare giù
e tornare in superficie,
come certe stelle lontane
milioni di chilometri.
Adesso sono stanca,
la felicità è più vicina
la posso sentire,
ne ho voglia.
Il richiamo dei gabbiani al mattino,
fermo immagine sui tavolini
dei bar all’aperto,
dove la vita s’organizza a caso,
interpreta una scena all’improvviso.
Il corpo invecchia,
con il bagaglio di cose andate.
Come quella volta che piovve
in un pomeriggio di giugno.
E poi uscì il sole.
Manuela Grillo Spina