‘Una fidanzata in coma’ è il film-documentario di Bill Emmott, direttore dell’’Economist’ e di Annalisa Piras, giornalista collaboratrice de ‘l’Espresso’. Il titolo cita una canzone degli Smiths: ‘Girlfriend in a coma’. È stato presentato il 26 novembre a Londra ed uscirà nelle sale italiane nel 2013. La fidanzata in coma è l’Italia, senza troppi giri di parole. Bill Emmott e Annalisa Piras parlano dei mali del cosiddetto ‘Bel paese’: corruzione, clientelismo, mafia ed evasione fiscale; di ciò che manca: creatività e sviluppo, meritocrazia e di ciò che viene mal gestito: Stato, bene comune, media, giustizia e regole che favoriscono una buona concorrenza imprenditoriale. E poi di ciò che quasi non esiste: donne, etica, disponibilità al cambiamento. Non c’è da lagnarsi, Emmott e compagni non sono dei disfattisti, neanche dei comunisti, poiché l’analisi sulla condizione dell’Italia non è pro partitica. Al contrario, indica le responsabilità e le mancanze della politica degli ultimi vent’anni e non solo. Nel documentario si parla di creatività, la quale innesca un circolo virtuoso portando benessere economico e mobilità sociale. Creatività e mobilità sociale incentivano la creatività. Tuttavia, se consideriamo vera la prima ipotesi e cioè che la creatività è più importante del resto ed è una variabile indipendente, l’Italia appare attorcigliata nelle spire di un circolo vizioso dove non c’è creatività né crescita. Il picco più alto della virtuosità lo abbiamo raggiunto negli anni ’60-’70, l’unico precedente degno di nota è il periodo del Rinascimento. Bill Emmott, che nel 2001 criticò l’agire politico di Berlusconi, compì un viaggio in Italia e scrisse ‘Good Italy, bad Italy’, da cui trasse spunto per il documentario che era già in fase di preparazione. La critica era rivolta non tanto alla persona né agli scandali, ma all’inevitabile concentrazione di poteri (potere economico, potere dello Stato e potere dei media), evento nefasto per ogni democrazia. É passata l’epoca berlusconiana e con essa l’illusione collettiva che tutto sarebbe andato bene finché ci fosse stato qualcosa da arraffare, ma l’Italia fatica a svegliarsi dal coma. Per quelli che hanno creduto o hanno voluto credere al paese della cuccagna la realtà è un boccone amaro da mandar giù. L’Italia è un paese che rifiuta la realtà, dice Emmott. L’ostilità al cambiamento è motivata dagli egoismi e dalla difesa degli interessi di partito, corporativi e di sindacato. Chiunque voglia proporre delle riforme efficaci troverà (o ha già trovato) l’opposizione di gruppi che difendono i loro interessi particolaristici a spese degli altri e, soprattutto, del futuro di questo paese. Gli stessi partiti non si sbilanciano nella programmazione di riforme audaci, poiché temono di perdere il voto dell’elettorato, abbarbicato com’è nella difesa di privilegi che in un periodo di crisi non ha senso difendere. Emmott, durante il suo viaggio in Italia, ha notato una tendenza diffusa a negare la realtà, atteggiamento causato anche dalla disinformazione e dalla divulgazione di dati falsi o falsati: l’alto tasso di risparmio privato in realtà si è dimezzato, così come la capacità di acquisto pro capite. L’Italia non è competitiva in più di un settore, tra cui quello manifatturiero, per lo scarso sviluppo di competenze necessarie in una società post-industriale e rimane chiusa in un sistema dove le maestranze, istruite ad eseguire meccanicamente delle procedure, non sono preparate ad interagire tra di loro. Inoltre, se l’innata creatività italiana è stata distrutta e il disvalore è diventato il parametro dominante, ciò ha a che fare con la corruzione e il clientelismo. La crisi, però, non è soltanto un evento negativo, ma anche un’opportunità. È la scossa per un paese dormiente. Tuttavia, se i gruppi di interesse continueranno a negare l’utilità delle riforme, vanificheranno ogni tentativo di cambiamento. Forse, credono in una magia, nella disponibilità della Germania a pagare i debiti dei Paesi dell’Europa del Sud o in una mossa ad effetto di Mario Draghi alla Bce, dice Emmott. Comunque, all’osservatore d’oltremanica risulta difficile comprendere la mentalità dell’Italia di oggi, in cui la furbizia è una qualità e le ruberie e la prepotenza un mezzo. Nel documentario non manca la vicenda dell’Ilva di Taranto, ripresa quando la magistratura stava aprendo l’inchiesta contro il gruppo Riva per crimini ambientali. Lo choc dell’osservatore esterno, ancora una volta, scaturisce dall’atteggiamento dei cittadini, quasi ignari dei danni provocati in cinquant’anni di attività dal complesso siderurgico. Ignari o rassegnati, inascoltati da sempre. La seconda parte del documentario apre uno spiraglio di luce con le testimonianze di padre Giacomo Panizza e il Progetto Sud, la Nutella di Giovanni Ferrero, lo Slow Food di Carlo Petrini e John Elkann che si dice ottimista per il futuro d’Italia. Marchionne sottolinea la scarsa competitività, ma rincuora lodando il talento e il design italiano. Le testimonianze di Umberto Eco, Nanni Moretti, Roberto Saviano e di altri personaggi di spicco si uniscono al capezzale dell’Italia, per risvegliarla dal coma e ripartire alla grande. Speriamo bene. Forse gli italiani/e, negli ultimi anni, hanno dato fondo a tutte le risorse non solo economiche e hanno anche dilapidato un patrimonio umano, non valorizzandolo. Anzi, si ha la sensazione che l’impegno, la buona volontà e il talento diano fastidio a quelli che hanno paura del cambiamento, poiché ciò significherebbe per loro solo una cosa: non tenere più i piedi al caldo. Trasformare la crisi in un’opportunità significa che vivremo sperando di superare le limitazioni poste alla creatività e all’innovazione da un sistema farraginoso. Vivremo e spereremo. Noi che vorremmo impegnarci e, infatti, ci impegniamo perché la ricompensa è questa, senza fare compromessi, senza rinunciare a noi stessi. Il trailer del documentario è visionabile nel web. Per maggiori informazioni consultare il sito ‘Girlfriend in a coma’: http://girlfriendinacoma.eu
Manuela.