Io e Iris abbiamo indagato sul fattaccio e, di recente, sono emersi particolari interessanti. Se l’indagine l’avesse svolta chi di dovere sarebbe stato meglio, ma, in questo paese, i comportamenti delinquenziali delle persone cosiddette ‘perbene’ sono considerati argomenti spinosi, quindi si ritiene che sia meglio non affrontarli né dal punto di vista sociale né legale. Perché, raccapezzarsi su un evento che ti è accaduto è una cosa, ottenere giustizia per ciò che si è dovuto sopportare un’altra. Gli strascichi estenuanti, infatti, fungono da sprone per svelare il non detto, cioè la vita meschina di coloro i quali usano Iris a mo’ di capro espiatorio. La cagna morbosa, la spia del piano di sotto sono esempi di donne cresciute nel completo disvalore di se stesse. Per rimpolpare la loro autostima, che giace a livelli minimi, per ottenere apprezzamenti e il riconoscimento sociale loro indispensabile, infangano, usano la maldicenza e opprimono perché sono oppresse. Questo è uno degli elementi emersi dalla nostra indagine. E, se davvero la mancanza di prove ha impedito l’avvio di un’indagine ufficiale, per tacitare le chiacchiere bastava una prova di dignità da parte delle persone obbligate ad ascoltare la campagna diffamatoria della cagna. Crediamo che la nostra indagine informale sul perché e il percome dell’accaduto, possa giovare ad Iris e, magari, risvegli la coscienza intorpidita degli altri. Forse, la comunità femminile tutta si è dovuta confrontare con la mentalità corrente, certo, molto ostile alle donne. All’Altro che, in quanto tale, è sempre meno importante dell’Uno. La cagna, la spia e ce ne sono tante così, si trovano bene nel brodo culturale che le svilisce. Per quanto mi riguarda non ho mai accettato il pensiero unico dei modelli di genere, che si avvale di strumenti molto più sofisticati delle botte per dirci che dobbiamo stare buone e zitte. Credo che, se anche rincorressimo le stronze con uno specchio, non si avvedrebbero della loro imbecillità. Per questo motivo chiedo a loro e a tutti quelli come loro di non leggere oltre. É una richiesta sincera, non un atto di superbia.
Come è noto molte donne, a un certo punto della loro vita, iniziano a sbraitare perché vogliono l’attestato di esistenza: un uomo cui appartenere e dei figli per sentirsi importanti in una società dove la donna-individuo è offuscata dai ruoli di madre e moglie. Di conseguenza le altre, che non hanno la smania di sistemarsi per ottemperare a un dovere, tra l’altro non richiesto, gli stanno sulle scatole. Gli stiamo sulle scatole perché non contrattiamo protezione e sicurezza con la rinuncia a realizzarci a tutto tondo. Personalmente credo di poter stabilire cosa sia l’amore e di sicuro non è la smania di sistemarsi attraverso la stipula di un contratto. I cortei celebrativi in onore del sacrificio femminile puzzano di ipocrisia e pure tanto. Lo sperpero delle energie vitali devolute al benessere altrui e non al proprio, atteggiamento sbandierato come il non plus ultra dell’amore coniugale, fa semplicemente vomitare. Svariati gruppetti sociali, nel panorma contemporaneo, presentano un’alta percentuale di cretinaggine. Privati di un inconscio DOC, all’occorrenza, ne arraffano stock di seconda mano, forniti dal mondo pubblicitario/televisivo e li cambiano come i vestiti, con la frequenza di uno spot. Le femmine facenti parte di tali gruppetti, tra cui la cagna e la spia del piano di sotto della storia di Iris, le hanno lobotomizzate da piccole. Quando esemplari del genere crescono producono gli effetti già noti. Dunque, a queste condizioni le nuove generazioni dovrebbero confrontarsi e identificarsi, oltre che nelle bellone dei rotocalchi, in branchi di galline/oche cattive e rompicoglioni. A suo tempo, mi fu impossibile identificarmi in questo tipo di donne, perché i gruppi di burocrate dell’ordine costituito ci sono sempre state. Perciò, ho cercato esempi, non modelli standard, di femminilità, nel pensiero, negli scritti, nello studio e nella musica di donne che mi somigliavano di più. Gli ostacoli alla nostra affermazione nella vita lavorativa e sociale vengono definiti metaforicamente il ‘soffitto di cristallo’, che pare piombi sopra le nostre teste come fosse un’entità sovrumana. Ma non si parla molto dell’educazione e della socializzazione al femminile, distinta da quella al maschile. Così, quel soffitto sembra messo lì apposta, come catalizzatore di problemi inerenti una cultura che vuole le donne soprattutto stupide. Non si tratta di vincere, cioè agognare il podio per pareggiare il conto con l’autostima, ma di giocare e soprattutto di vivere. Quelle che giocano per vincere lo fanno atraverso le regole di un sistema che le sfrutta, infatti, sbraitano lo stesso. Ovvio che non basta lo sventolìo della fede nuziale a mo’ di drappo di copertura, nè un titolo e neanche la magica comparsa di una scrivania, dietro cui stare per trent’anni, a convincerle di essere pari con i loro sogni. Senno non ci sarebbero donne sottomesse, pavide e desiderose dell’approvazione sociale. Non ci sarebbero le bamboline che puntano tutto sulla bellezza o quelle che usano la scorciatoia della sistemazione basata su contratto matrimoniale, con annessa immolazione del fine settimana. Nessuno osa parlare di ciò perché teme la ribellione delle schiave e le schiave servono.
Giorni fa un’amica ha discusso con me per motivi inesistenti, ma riversandomi addosso i suoi problemi. Io ho assistito all’esplosione senza prendermela dal punto di vista personale. Poi ho riflettuto sull’amicizia. In base ai luoghi comuni le donne sarebbero bravissime, buonissime e tanto amiche, specialmente se si rapportano in modo convenzionale, evitando accuratamente di menzionare i disagi personali o di abbandonarsi a qualche scazzo. Siamo molto criticate quando lo facciamo, invece di comportarci come le altre che covano il malessere e, simulando bontà e benessere, riescono nel loro sporco gioco dello scarico dei fardelli. Comunque, l’amicizia è un bel sentimento ed è unisex, poichè non entrano in ballo gli schemi secondo cui se sei una donna ti devi comportare in un modo, se sei un uomo in un altro. Molti uomini sono restii ad allacciare legami simili con l’altro sesso, preferiscono la brigata al maschile. Nei bar con i tavoli all’aperto e tra i resti di un passato glorioso, sarebbe bello poter chiedere: ‘Un caffè, grazie e un amico vero, che non voglia vendicarsi su di me di un suo momento amaro’. È da un po’ che circolo e raramente mi è capitato di incontrare donne che esprimono simpatia per diventarti amiche, molto più spesso in testa non hanno l’amicizia in sé, ma ciò che avvertono come una missione: cambiarti per farti diventare simile a loro. La costrizione alla gregarietà, sulla base di un ruolo da derelitte che ci accomunerebbe, è molto avvilente. In questa prospettiva, non è difficile sentirsi estranee nei confronti di un mondo chiuso, tutto e solo al femminile, monotonico, monocromatico e dai confini angusti. Perché, se anche volessi e non voglio, far capire a una, che non fa altro che pestarmi i piedi per primeggiare, che l’hanno addestrata a desiderare l’infelicità, mi direbbe che la sbagliata sono io e che lei è vincente. Un fatto risulta estremamente curioso: tutte le sgomitatrici professioniste, le reginette della maldicenza a fini di lucro e prestigio, che si incontrano nella vita e nel lavoro, alla fin fine accettano un ruolo subalterno e conforme ai modelli sociali. Non esprimono apertamente il loro disagio. Cosa ne è della tracotanza che le contraddistingue quando si tratta di rischiare, di essere disprezzate dai genitori per essere diverse da loro e ammirate per lo stesso motivo? Che ne è della loro volontà quando si tratta di metterci la buona volontà e poi vedere cosa succede? No, di questo non parlano mai, esse preferiscono il gioco dello scarico. Peccato! Perché il gabbiano Jonathan Livingston insegna che obbedire alle proprie idee può riservare grandi sorprese, come il fatto di sentirsi orgogliose di sé a prescindere dall’apprezzamento degli altri.
Manuela.