Alberi alti un metro, due metri, dieci metri, palazzi e cose ingialliti dal tempo, guardarsi intorno è come sfogliare un calendario. Paolo passeggia con la moglie Silvia. La tradisce con donne che cattura con l’aiuto della compagna complice e mascherando la personalità distorta di entrambi. Quando se ne accorgono distrugge la loro reputazione. Odia le donne e anche la moglie, che è stupida, quindi può disprezzarla con raffinatezza e non essere sgamato. S’innervosisce quando se ne rende conto. Ha paura non tanto che gli si svaluti la cagna, soltanto lui può maltrattarla, quanto di venir scoperto nelle sue tare. Lei è furibonda non perché il marito la tradisca, ma perché glielo dice. Francesco è l’analogo di Paolo, anche lui con accanto l’esemplare femmina più gettonata in quanto cretina. Sono questi uomini che odiano con eleganza le loro donne e con brutalità quelle che non si sottomettono. Una donna al balcone traffica con dei fiori, sembra che gli imponga di crescere perfetti, per risarcirla agli occhi degli altri di una vita familiare d’inferno. Lei vorrebbe fuggire da una gabbia in cui viene trattata come un essere fatto apposta per servire e dare piacere ai familiari, ma non lo fa, intanto spia morbosamente la dirimpettaia, con i bigodini in testa, ma single e libera. Personaggi come tanti, che, però, vogliono si parli di loro in modo encomiastico. Lo pretendono irragionevolmente. Personaggi secondari nel corso dei grandi eventi, quelli che sono grandi per il personalissimo metro di giudizio dei vivi. Personaggi immobili attraversati in un istante dal vento che fa vorticare le foglie e spinge il tasto ‘on’.
Si inizia così, con un vortice di vento. Sollevandomi da un incarico davvero troppo oneroso, entra in scena il non umano. Mentre diminuisce l’eccesso di fatica, la fantasia inizia a correre a briglie sciolte. Umanizzare il vento non è difficile, farlo diventare il protagonista della storia neanche. Magari se avesse il dono della parola lo si potrebbe intervistare per chiedergli di svelarci il suo mistero.
La faccia della gente cresciuta senza conoscere affanni al posto degli occhi, del naso e della bocca ha un punto interrogativo. Eppure essi vedono e sentono di più, sentono solo te. Vorrebbero che gli dicessi che significa soffrire, arrabbiarsi, amare. Ma non glielo potrai mai spiegare, le parole e gli sguardi non bastano. Quelli vissuti sempre al riparo dalle passioni hanno bisogno di provarne, ma si ritraggono e poi ci riprovano. Alla fine fanno ciò che gli riesce meglio: appropriarsi di chi sa amare, soffrire, annoiarsi, gioire, vivere. Eppoi, ci sono occhi piantati nel viso di uomini che hanno qualcosa di speciale e di disarmante. Sono come buchi neri, che ti risucchiano per portarti dove tutto il resto non c’è, dove tutto il resto si vede e si sente distrattamente. Quegli occhi ti guardano come ti guarderesti tu e ti sentono nel profondo per questo non puoi sfuggirgli. Sì, potremmo domandare al vento qual è il suo segreto, oppure in un buco nero lanciare una sonda dialogante.
‘Il portaombrelli non è mai al suo posto’, Elena inveisce a voce alta, entra nel portone, sale le scale, posa il trench. La luce pende da un soffitto altissimo, quello dei palazzi antichi. É calda, fa una bella figura se abbinata all’uggia delle giornate uggiose, come quando entravi in classe e c’erano ombrelli e soprabiti ad asciugare dappertutto, sul termosifone anche le scarpe vicino alle merende. Una specie di palo pieno di spuntoni, in acciaio e molto trendy, assolve la funzione di attaccapanni. Fa le veci degli attaccapanni in fila sul muro, ognuno col suo nome. Poggia le sue cose e accende il pc. Notizie dai quotidiani on line: Funerale sontuoso, una grande folla commossa per la vittima, quella dentro la bara. Dispiaciuti tutti, istituzioni comprese. Dolore d’ordinanza, dolore sincero, dolore, di che marca è il vostro dolore? Dietro agli occhi gonfi gli strazi attesi, sopra la vostra coscienza incosciente l’obbedienza. Solito copione: punita la femmina ribelle, quella che non si sottomette, quella tanto intelligente da potervi far saltare in aria come una bomba. Quindi, sventato attacco terroristico alle vostre sicurezze ipocrite, plauso e inchino al potere dei miserabili, prepotenti con i deboli, servili con gli altri. Paura, sgomento per il mostro, la vostra ennesima creatura disgraziata, prodotto della vostra maleducazione delinquente. Misero lui, ma morta lei. Li volete così, persi, senza futuro, senza dignità, senza amore. Condannate il mostro, santificate la vittima che, in quanto tale, da viva, vi dava fastidio. Ipocriti, condannate la vostra cultura dello sfacelo, perché non lo fate? Perché non vi guardate allo specchio, perché non parlate prima che ne ammazzino un’altra. Tutti sanno, tutti hanno sempre saputo, nessuno parla, perché la femmina ribelle deve morire. La protesta che viene dal basso vi piace? Sì è di moda, è chic. Ma quando viene dal basso veramente vi fa schifo, quel basso troppo lontano da voi, quel basso che è disagio sociale, male di vivere, sfortuna o mancanza di risorse. Quelli dal basso non sono mica come voi, guardateli sul serio che non vi piaceranno poi così tanto. Essi non sono amabili e non sono mai stati amati. E in questo vi somigliano. Voi che avete avuto tutto tranne ciò di cui avevate un disperato bisogno e non avete saputo chiedere. L’amore c’è o non c’è, vi dà fastidio questa regola? Chi è capace d’amore si vede, lotta sempre. Quelli dal basso sono cattivi, abituati a prendere calci nel culo dalla vita, i calci li subiscono. Voi i calci nel culo di spettanza li avete schivati perché qualcuno ve li ha tolti dadavanti o li ha presi al posto vostro. Né loro né voi trasformate le sberle in risorse, eppure vi piccate davanti ai vostri coetanei di aver studiato al liceo. Quelli dal basso sono gretti, ma non stupidi quanto voi, la vostra stupidità è colpevole, chè, tra le cose imparate, scartate quelle che vi danno fastidio. Ossequiosi sino alla nausea, dite una cosa e ne pensate un’altra. Avete donne cretine per sentirvi a vostro agio e, ogni giorno che ha fatto Dio, date supplenza di divinità e sentenziate sulla femmina che non si inchina al vostro cospetto ridicolo. Quelle del popolo sono meno conformiste delle vostre bombolette, non potete mentire, siete costretti ad odiarle apertamente. Chiedete aiuto alla famiglia allora, all’istituzione che vi protegge dalle vostre malefatte, per far sentire la femmina ribelle come volete voi, ossia molto male, e non come vuole lei, cioè molto bene. Siete colpevoli di chiamare unioni d’amore dei vincoli criminali. Pentitevi.
Elena legge l’articolo di giornale e pensa che, grazie al cielo, qualcuno ha il coraggio e lo scrupolo di abbinare le parole ai fatti.
Manuela.