Cielo in prevalenza sereno, moto ondoso in aumento

La porta dell’atelier è quasi tutta liscia, tranne ai bordi. È ben tenuta, il portiere la lucida con la cera ogni giovedì. I pomelli dorati, due per l’esattezza, sono situati al centro, affianco il campanello specifica che si tratta di una sartoria teatrale. Sono trascorsi due mesi da quella sera in discoteca. A volte capita che un desiderio si appresti ad intervenire nell’avvicendarsi dei pensieri scombinandone l’ordine. D’un tratto la sequenza viene stravolta dal vorrei, che si palesa innanzitutto in qualità di visione, poi, non senza sforzo della mente immaginante, attraverso le parole. Diversamente dalla gestazione e il parto, per l’espressione compiuta di un vorrei nessuno ha stabilito ancora quale sia il tempo necessario. Rodolfo e Dario si crogiolano nella soddisfazione di un bisogno più alto di quelli legati alla sopravvivenza, escogitando una provvisoria accettazione della routine quale strategia idonea ad accrescerlo.

Il sisma sconquassò le viscere della terra e salì in superficie con un boato. Pochi lo sentirono. Nel mattino brumoso, ornato da spirali di fumo che si mescolavano alla luce, la città appariva disabitata, sembrava un luogo primordiale. L’asfalto esalava vapori, segno che c’era un fuoco immediatamente sotto. Pochi erano i passanti nelle strade, c’era qualche anima sparsa sul marciapiede. Nella stasi dopo la tempesta, ammiravano il panorama sgombro dal vecchio. Pareva che un meteorite si fosse abbattuto sulla terra o il diluvio universale avesse imperversato per giorni. Un passerotto stava sui fili del treno e Dario lo guardava con tenerezza, era il regalo in un mattino non come gli altri. Donata arrivò trafelata, qualche minuto di ritardo e avrebbe perso il treno, mancato l’incontro con Dario. Era cambiata, i capelli spettinati indicavano una certa rilassatezza nel porsi al mondo, così come le unghie vere al posto di quelle finte, per giunta lo sguardo dimostrava sicurezza. Tutt’altro che un dettaglio la trasformazione della ragazza. Nell’insieme era molto apprezzata dal giovane, ma soprattutto da Donata stessa, la quale proferiva parole che a volte a Dario sembravano incomprensibili. Parlava un linguaggio sconosciuto, nato dall’impatto con il corpo celeste, oppure mai veramente dimenticato ed ora risorto da un lungo sonno. Dario arrancava e, per capirla meglio, guardava fuori dal finestrino quello che guardava lei, poiché solo in quel modo riusciva ad avere la stessa sua visione. Scesero dal treno e si salutarono. Dario chiamò Rodolfo che faceva colazione impastato di sonno. Insieme pensarono a Clara. Così decisero di andare da lei nel pomeriggio, mentre il cielo non era più lo stesso e spargeva nuvole bianche come il mare col sale sugli scogli. Ne uscì un disegno indecifrabile, nel mentre i ragazzi bussarono all’elegante porta dell’atelier.

Le idee sognano. Nessuno potrà mai affermare con certezza il contrario, così come nessuno ha mai visto Dio eppure lo pregano in molti.
Globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, Ves nella norma. Il sole del pomeriggio fendeva i vetri dell’ambulatorio, Clara, lì dentro, aveva percezioni contrastanti. L’organismo della paziente s’era spazientito. Quindi, sognò l’immagine di un approdo e mise il punto. Quel posto non l’avrebbe mai più rivista. Le diedero il referto, lei ci scrisse sopra un pensiero. Non fu tanto per l’irrequietezza né per la felicità ingestibile che spesso chiamano irrequietezza. Fu per un insieme di fattori che le vene della terra iniziarono a ribollire e, riflettendosi nel corpo di Clara, davano l’impulso per l’inizio di una nuova scrittura dei fatti.
L’analista mette i prodotti umani nel microscopio, i quali prestano malvolentieri il fianco all’ennesima ispezione. Il declassamento a prodotto provoca un notevole fastidio e fa increspare l’epidermide del mondo. Nel cielo scorrono di continuo le nubi, luce ed ombra si alternano, un rombo proviene dalla cavità terrestre, fa tremare la terra che, ondeggiando, scuote gli alberi e le case nelle città. Animali e cose assecondano il movimento che li culla con estremo vigore. L’acqua del mare sale ogni notte. La marea travolge gli animi, ma non li distrugge.
Adesso un coacervo di energie addensate in campi magnetici sembra che abbia spazzato via il male.
Clara nell’atelier cuce l’abito di Nora. La casa di bambola moderna consta di un appartamento con due camere, salone, cucina e bagno. Nora fa l’impiegata, ha due figli e un marito, un cellulare, due macchine, una colf e una baby sitter e, a cena, lei e il marito si raccontano dei calci affibbiati a varia umanità. Poi si congratulano. È convinta di essere lei a comandare. Nora non vestirà abiti del XIX sec., avrà una mise moderna e sul petto le iniziali ricamate, come Esther Prinn. Clara: ‘Mi avete cercata, sono qui’. Sincronia perfetta, il cuore dei ragazzi sussulta. ‘Siamo venuti a trovarti, ci mancavi’, rispondono loro candidamente. L’atelier è un luogo caldo, ben presto si popolerà di varie maestranze per la rappresentazione in corso.

Manuela Grillo Spina.

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Ho 48 anni, vivo a Roma, sono appassionata di scrittura
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