Cacciarono la vecchia. Dario supplicò il padre affinché scrivesse un documento con cui nominava i ragazzi ‘consulenti’ per la riqualificazione del luogo in questione. Avevano rischiato tutti, il padre di Dario in primis, poichè l’atto era finto, ma ormai la notizia della casetta misteriosa si era diffusa ovunque, così come la ferocia della vecchia e non solo di quella. Il giorno fatidico intervenne la polizia. Le forze dell’ordine allontanarono una frotta di reazionari pusillanimi, dopati d’arroganza e aizzati come un branco di bestie da un potere morente che non voleva morire.
Alle porte della città è affisso il listino prezzi degli insulti e delle ingiurie contrattabili sul piano politico, economico e sociale, cioè l’ingiusto mezzo per ottenere favori e prestigio, per questo nessuno dei rispettabili cittadini/e è posto a guardia delle stesse.
Clara, Rodolfo e Dario camminano sul selciato pulito dalla pioggia della notte passata. Il tempo sfodera un mattino nuovo, più nuovo degli altri. I ragazzi sono diretti verso la casetta, con la gratitudine nel cuore, tra poco scopriranno un pezzo di verità, un tassello da mettere nel quadro generale e non importa che il componimento sia bello o brutto, ciò che conta è che sia vero. Rodolfo prende un registratore su cui incide la sua voce: ‘Interno giorno, nella casa dei misteri viste da dentro le stanze sono grandi, pare una città silenziosa, all’ombra del Kicth dell’urbe…’. Dario lo rimprovera bonariamente: ‘Devi limitarti a registrare i fatti, non le tue impressioni’, ma non può ignorare che lì stanno tutti zitti. Infatti, nessuno parla. Cade, sbriciolandosi poco a poco, l’obbedienza alla norma. Regola numero uno: riempire di parole la distanza x y z tra pianeti, prima che tale distanza diventi evidente, colmabile e necessiti di altre parole. Regola numero due: utilizzare il lessico prodotto e distribuito dal sistema per stipare polli d’allevamento, attuare norme di controllo e distorcere il buon senso, oltre che vari principi tra cui quello di uguaglianza. Regola numero tre: rendere piacevole il soggiorno nel parco giochi finché ce n’è, affinché gli schiavi felici accettino la stessa sorte. Chi sono le persone di carne che sbalzano fuori dal silenzio, vivono, inventano personaggi, cuciono abiti e li vestono?. Si alzano al mattino, con il mattino dentro. Un tempo percorrevano strade portandovi il proprio mondo. Nel luogo in cui gli è consentito muoversi e soltanto qui, prendono arnesi imprimendo sul lavoro l’impronta di sè. La colpa da principio fu l’immunità. Rei di essere immuni al disincanto, furono segregati e puniti con la vergogna che i vili non riuscivano a provare per la loro viltà. Ma nulla poterono, i prigionieri resistettero con i cuori carichi sino ad esplodere. Tracotanti di superbia, i molti inventarono il Nemico, ovvero la vita. Poi tentarono di spegnere con la violenza il fuoco che ardeva nei petti dei pochi e con la guerra la meraviglia che si desta al mattino in quanto mattino.
‘Perché stanno in silenzio?’, Rodolfo si rivolge a Clara.
‘Non parlano, da quando le parole non riescono più a nominare le cose. I corpi dicono la realtà e non c’è bisogno di aggiungere altro’.
La reticenza dell’amica non lo scoraggia, fissandola negli occhi le chiede di continuare.
‘Prima le parole erano come i corpi, toccavano le cose da vicino e le potevi sentire sotto le dita mentre le dicevi. Le persone di questo posto sono il doppio delle persone-parole che hanno perso la capacità di dire la realtà.’
Ai margini dell’urbe la discarica, con tanto di gabbiani svolazzanti, aspetta le anime morte stipate negli armadi per un definitivo cambio di stagione. Pregasi mandare al macero la stagione del declino delle speranze, delle anime messe a marcire nei corpi ingombranti, pregni di malafede, capaci soltanto di distruggere, consumare lentamente le cose dandogli nomi sbagliati.
Un corridoio stretto e lungo conduce in uno stanzone dove Rodolfo è solo con l’urgenza di perdersi negli inutili discorsi di chi ha soltanto da pensare. Ingaggiato in base all’obbligo del tirocinio formativo per gli studenti universitari, sistema il materiale librario e audiovisivo di biblioteche dimenticate, se non da Dio, sicuramente dagli uomini. Gli appunti a matita di uno studente fantasioso al margine di un manuale di navigazione gli forniscono importanti ragguagli, oltre che l’opportunità di distrarsi perdendosi. A tale proposito si riporta per intero lo scritto semiserio intitolato: ‘Manuale di sopravvivenza contro persone, informazioni e cose scellerate.’ Dunque, ‘immaginate di non sapere niente, per qualcuno non sarà difficile. Quando sarete abbastanza convinti di non sapere niente, osservate e ascoltate. Lasciate cuocere il tutto a fuoco lento per il tempo necessario, poi aggiungete del sentimento e immaginate di avere un pilastro al centro del petto. Dopodichè smistate la mole di informazioni e decodificate ciò che vi interessa’. Rodolfo sorride, vorrebbe rintracciare lo svitato che ha scritto una ricetta del genere per fare come in Matrix e disinnescare la scheda che invia immagini e pensieri a circuito chiuso nel kitch abituale. Ripensa all’atelier, il ventre di un nuovo mondo. Nel pomeriggio torna nella casetta, l’attenzione cade su un foglio di carta posto sulla mensola del salone. Lo scritto presagisce il futuro, parla di una rivoluzione liberata: ‘Gli schiavi felici ostacolano subdolamente la ribellione dei nati liberi, ma il principio di realtà preannuncia rapidi quanto inevitabili cambiamenti. Sospinti gli abitanti di questo luogo chiamato terra a sostituire il vero al falso con funzione adattiva con funambolici giochi linguistici contro il potere e con il potere delle nuove parole’. Rodolfo fa scrocchiare il foglio tra le dita, scoprendosi nel bel mezzo di una vera tempesta, con il timone tra le mani.