La rugiada scivola nel solco di una foglia, gli occhi brillano di luce nuova. Dettagli per chi è distratto dalla velocità vincente e superficiale. È vincente per forza ed è superficiale per essere vincente. La rissosa quotidianità irreale sbiadisce al cospetto di un prato coperto di brina, delimitato da linee invisibili, dove non arriva il rumore dei clacson. Il cieco arrivismo urta contro il muro e cade, incespicando se ne va. Il sole illumina di sbieco una pozza gelata, si posa sulle foglie lisce e bianche di rugiada, fitte fitte come le onde del mare, sfiorate da sguardi intrepidi e sfuggenti, che scambiano gli effetti del clima per magie. Luca ha un amico, si chiama Giovanni. Un pensiero trasversale scontenta i pensieri appropriati per classe ed età. Immagini predefinite indietreggiano sino a sparire, corucciate e vendicative, niente affatto convinte che esistano altri dèi all’infuori di loro.
Le vacanze di Natale. Luca guarda fuori dalla finestra, attraverso lo stesso cerchio sul vetro appannato da cui Giovanni osserva il mondo. Appare sovente ad entrambi la teglia con l’amalgama per i dolci, quella della nonna, perché sia Luca che Giovanni hanno mischiato da tempo e per sempre gli ingredienti che gli appartengono con altri ben scelti, s’intende.
È la sera della vigilia. La madre prepara i fritti, l’animo del marito e il suo sorriso, il sorriso di quando è felice. Chissà che emozione proverà a rivedere il padre vecchio invecchiato. La pace vera è un privilegio, che spunta come un fiore selvatico. La vita scalcia ed è una fortuna a saperla dire. Quelli che non se ne accorgono, o che mentre vivono fanno altro, sono nocivi, gli urge la ricerca del sentimento sprofondato in giorni cupi. La madre immerge la ricotta e i broccoli nella pastella, mette i pezzi nella padella con l’olio bollente, poi si asciuga le mani sul grembiule. L’odore di frittura pervade la casa, annuncia che stasera è la vigilia di Natale. L’idea di un giorno particolare infonde nei cuori la speranza di un sentimento genuino. Luca apparecchia la tavola con la governante, che, ormai, è una di famiglia. La tovaglia del Natale è rossa, con al centro quattro candele di diversa grandezza. Oltre alla tovaglia rossa e alle candele i bicchieri di cristallo confermano che è festa. Ciascuno ha il suo posto. Luca esita domandandosi se i tovaglioli vadano nei bicchieri o vicino al piatto. L’attesa è come un filo che unisce le persone. Improvvisamente le vedi più partecipi e non sempre ti sanno dire perché. Poi capisci che è grazie alla gioia inedita che si prova a voler bene a qualcuno. Frammenti di felicità condivisa: nonno indosserà il maglione nuovo, quello a scacchi viola e celesti, la zia la collana delle grandi occasioni. Ciascuno avrà un profumo con cui distinguersi. I cappotti andranno sul letto. Cappotti e borse rimarranno chiusi, al buio, per tutta la sera, se qualcuno dimenticherà le sigarette o il telefono allora dirà: ‘Dove sono i giacconi?’ e mamma risponderà: ‘Nella stanza da letto’. Luca li accompagnerà.
Luca non sarà l’unico a dedicarsi ai dettagli. Luca, non avendo vizi privati da nascondere, lo sfoggio di pubbliche virtù gli fa schifo. L’uniforme ordinaria gli va stretta, ma a Natale, quando anche gli uni si permettono di vivere, è felice, per gli altri non c’è speranza.
Manuela Grillo Spina.