Accedere all’autentico è come dare un morso a una fetta di pane caldo. Concreto, croccante, fitto come una verità detta bonariamente. Ė come una canzone ascoltata migliaia di volte alla radio, in case diverse e in diverse vite attraversate in un lampo. Parole e pezzi di vita convergono, guidati da una forza centripeta. Qualche frammento di vita dal carattere intenso risplende anche sulle contraddizioni. Ora nessuno può sparpagliare le cose come fa la lavatrice.
Non ne ero certa, ma lo intuivo che sposandomi sarei entrata nel clan dei consumatori/sfruttati e avrei alimentato il sistema attuale. Però, ero certa che non avrei mai accettato il fatto di dover mettere da parte me stessa. Se mi avessero chiesto di desiderare di sparire, avevo la certezza che io ne avrei sofferto, dato che il colpo sarebbe arrivato nell’ambito delle relazioni intime e sottinteso più che detto. Non sono un meccanismo dell’azienda-famiglia. Il culto della madre del marito mi sta stretto, preferisco dire così. E non sopporto l’ingerenza dell’ambiente gretto e conservatore (da parte delle donne in particolar modo) quando una vuole dare al mondo la piega che vuole.
La famiglia non è un esercizio di piccola imprenditoria, un’azienda dove ciascuno ha il proprio ruolo. La passione morirebbe se sottoscrivessi la tessera di adesione al dogma famiglia. Non dovrebbero chiedermi di sacrificare me stessa, l’amore e la felicità, che si dà in forma transitoria per tutti. Penso il contrario di quelli che stabilizzano il sistema non con il denaro, ma con il loro modo di vivere e di pensare. Eppure dicono di voler cambiare le cose. Accumulare risorse e sfruttarle a proprio vantaggio, cioè a vantaggio di pochi. Lo fanno tutti, no? Perciò, è ‘normale’.
Gli uomini? E che c’entrano i nostri uomini. Tutt’al più essi sfruttano il lavoro non retribuito, né apprezzato delle donne. Gli uomini sono sfruttati, meri ingranaggi del sistema che ci usa per produrre, consumare e non fiatare. Solo che per produrre efficientemente uno deve essere ben nutrito, pulito e profumato. Dunque, come dicono spesso, il lavoro di cura è funzionale a questo meccanismo. Bene, lo sappiamo. Nonostante ciò, nessuno vuole cambiare atteggiamento. L’infelicità dilagante sarebbe un indizio sufficiente per farci cambiare rotta, se non fosse che questa infelicità è impercettibile tra il frastuono di festosi jingle pubblicitari, le parole vuote di tutti e la roba accumulata e stipata negli armadi.
L’amore ognuno sa cos’è, mettendo da parte le concettualizzazioni (al riguardo ogni epoca ha la sua). Su questo argomento ancora non ci siamo messi d’accordo. Quando lo faremo, allora potremo cambiare qualcosa. Potremo dare al mondo la piega che vogliamo.
Manuela Grillo Spina.