Siamo isole nell’oceano della solitudine e arcipelaghi: le città, dove l’amore naufraga …
Estate di gioventù. Sipario. Arriva l’inverno, lo spettacolo è finito. Neanche lontanamente sognavo che si potesse dar tregua a un cuore in tumulto, sofferente per un soffio. E’ fame di vita, di sapere cosa accadrà. Come è il mondo? E se non sapessi viverlo? La dicono gioventù. Lunghe stagioni di malinconia, come è malinconica l’urgenza di crescere e diventare ‘normale’, per non sentire più come sento ed essere giusta, senza strafare, né esagerare. Però, era bello bucare la crosta del mondo come un guscio d’uovo. E’ bello ora, in cui la rovina vera è il domopak sul petto.
Nessun uomo è un’isola, dice il poeta, scoprendo l’altra faccia della medaglia, la ragione di quella malinconia. Legami, affezioni nate spontanee, ignorando la rete: grotteschi e inutili sopralluoghi adulti di fattibilità relazionale. Ciao, non ti rivedrò fino alla prossima estate. D’inverno ti scorderai di me e non so se entrambi dimenticheremo le estati, poiché di certo non abbiamo nulla, se non la scommessa del tempo, che ci dirà se eravamo noi oppure no. I giovani ascoltano la musica, alcune sono le canzoni che ascoltavo io. Spingono lo smartphone all’orecchio per sentire più forte, per sentire meglio e immaginare la scena che gli rende giustizia su tutto: belli e invincibili agli occhi dell’amata o dell’amato, degli amici. Perché la vita spinge come un razzo fino al centro del mondo e ti riporta su. Fuoco e acqua, aria e terra nel palmo di una mano.
Manuela Grillo Spina