Amo l’estate allo stremo delle forze, dopo tour e prove d’abilità mirabolanti: test d’oggettivazione del reale, in cui fare a gara a chi capisce di più del mondo in cui si trova. Amo l’estate, perché non gli devo rendere conto. Nel vago sentimento del tutto, entusiasta, scandaglio il fondo per dirlo bene. Qui mi ritrovo e rispondo: ‘No, grazie, non chiedo di oggettivarmi, mi basta sentirmi’. Questa sono io. Chi sono? Vuoi che te lo dica adesso e che valga per sempre? Accontentati di un bagliore, di un fiore, una serata di stelle nell’aria interrotta dal verso dei grilli in estate. Non chiedermi di più.
E’ la società liquida, dirai. Soldi facili, vita facile, biografie in costruzione: tutto è possibile, farlo da soli si può. La società della comunicazione, dove non è possibile comunicare. Ogni cosa che fai viene interpretata dagli altri come un atto comunicativo, di cui devi precisare il significato per non essere fraintesa. Ecco, vedi non tutto è possibile. Comunicabilità vs espressione di sé. Stridente. La concretezza, il più delle volte sovrastimata, è un tubo di scarico tappato, sbotta l’acqua ferma dei travagli quotidiani appuntiti come spilli. Dovrei scegliere cosa? Credermi Re Mida e giurare fedeltà all’infinita malleabilità dell’esistente o abbracciare l’amara realtà. Piuttosto che una bella cartolina, sarei tentata dalla materia dura, tenace della corrente avversa, che non vuole piegare la testa e, a volte, mi fa da specchio. Perciò, non so davvero se esiste lei perché esisto anch’io o se le sono indifferente. Forse scelgo la gioia più vera, in cui s’acquatta la malinconia e il senso di inutilità che è nel fondo di ogni felicità. Così scelgo l’estate che declinerà nell’autunno, per poi tornare al disgelo, come un’illusione che non delude mai.
Manuela Grillo Spina.